Immagine di un buco nero

I buchi neri hanno “capelli quantistici”

I buchi neri sono oggetti così compatti che neppure la luce può sfuggirgli e sono descritti da soluzioni delle equazioni di Einstein contraddistinte da pochissimi parametri fisici, come la massa, il momento angolare e la carica elettrica.
Il fisico americano John Wheeler, a cui pare si debba la paternità del termine “buco nero”, riassunse questa estrema semplicità dicendo che “i buchi neri sono calvi”, cosa che contrasta in maniera stridente con l’enorme complessità di quelle stelle che, avendo terminato il combustibile nucleare, possono collassare e formare i buchi neri.
Questo contrasto, tra la semplicità dei buchi neri e la complessità delle stelle, è all’origine del “paradosso della perdita di informazione” formulato da Stephen Hawking. Il celebre fisico britannico, nei primi anni 70, mostrò che i buchi neri possono “evaporare” emettendo un radiazione che dipende solo dalle quantità (massa, momento angolare e carica) che caratterizzano l’esterno del buco nero.
L’informazione sulla complessissima struttura della stella originale andrebbe quindi persa se il buco nero evaporasse completamente. Il “paradosso” si fonda sulla descrizione della stella che forma il buco nero e del suo campo gravitazionale tramite la fisica classica da una parte, mentre la radiazione in cui il buco nero evapora viene descritta usando la fisica quantistica dall’altra. 
Un gruppo internazionale di ricerca che coinvolge Roberto Casadio della Sezione INFN di Bologna e del Dipartimento di Fisica e Astronomia “A. Righi” dell’Università di Bologna ha ottenuto risultati che modificano in modo significativo questo quadro teorico
In un articolo scritto assieme al professor Xavier Calmet e al dottorando Folkert Kuipers dell’Università del Sussex (Regno Unito) e al professor Stephen Hsu della Michigan State University (Stati Uniti), da poco pubblicato sulla rivista Physical Review Letters, è stato mostrato che il campo di gravità in fisica quantistica invece dipende dalla struttura interna della sorgente.
Quindi diciamo che sia attorno ad una stella che all’esterno di un buco nero si trovano dei “capelli quantistici” che, seppur molto deboli, possono contenere l’informazione necessaria a risolvere il paradosso.
Questo risultato ha un parallelo storico nella descrizione quantistica degli atomi che, ai primi del secolo scorso, ne spiegò la stabilità e non richiede alcuna drastica rivoluzione delle teorie quantistiche di campo oggi usate per descrivere in maniera unificata la natura.